Carnevale di Viareggio

Una manifestazione popolare che trova le sue origini nel 1873, quando alcuni "signori" del luogo, come recita un'antica cronaca, volendo organizzare una domenica diversa, realizzarono un corteo di carrozze addobbate con motivi floreali che venivano condotte su e giù lungo la Via Regia, strada principale della città.In quell'occasione fu organizzata anche una mascherata di protesta da parte dei cittadini che, costretti a pagare troppe tasse, intesero così canzonare proprio il capo degli esattori comunali.L'iniziativa ebbe un tale successo da indurre sia i promotori che i cittadini a realizzare ogni anno una sfilata di carri che interpretassero, in chiave satirica, umori e malumori della gente.Da allora Viareggio è diventata la patria del Carnevale italiano, con le sfilate dei carri allegorici in cartapesta, vere e proprie opere d'arte alla cui realizzazione i carristi viareggini dedicano un intero anno di lavoro.Maschera ufficiale del Carnevale di Viareggio un pagliaccio dal nome “Burlamacco”. Ideata da Uberto Bonetti, in occasione del manifesto per il Carnevale del 1931, passarono ben otto anni prima che a quel disegno gli fu attribuita “un’identità” . Bonetti disegnò il pagliaccio con un “puzzle” di indumenti rubati alle varie maschere italiane. Prese qualche pezzo di stoffa da Arlecchino e vi disegnò la tuta a scacchi bianca e rossa, il pompom dal Pierrot e lo mise in petto alla sua maschera, una gorgiera alla Capitan Spaventa, un copricapo rosso come quello in testa a Rugantino e un mantello nero come quello di Balanzone….ed ecco quello che dopo qualche anno si sarebbe chiamato Burlamacco. Per completare l’opera in mano a Burlamacco Bonetti vi disegnò una figurina rappresentante una bagnante, la quale poi prese il nome di “Ondina”. L’idea di Bonetti fu quella di creare un disegno che rappresentasse bene Viareggio come la città del Carnevale e dell’Estate. L’idea piacque sia al Comitato Carnevale sia alla città e Burlamacco con la sua Ondina, divennero il simbolo del Carnevale di Viareggio.Dal 1984 il Carnevale di Viareggio è abbinato ad una lotteria nazionale.

Carnevale di Gallipoli

Affonda le radici nel medioevo la tradizione carnevalesca della città di Gallipoli. Famosa per questo, oltre che per le sue bellezze naturali, ha da anni suscitato la curiosità di studiosi italiani e stranieri interessati a rintracciare e ad interpretare l’espressività popolare tipica dei gallipolini. Tradizione popolare, espressione di serio e di faceto, di paganesimo e cristianesimo, di sacro e di profano, il Carnevale di Gallipoli catalizza da secoli l’esuberanza e la teatralità del suo popolo salentino.A Gallipoli si da inizio al Carnevale con il rito propiziatorio del fuoco, solitamente il 17 gennaio, quando con il cosidetto rito delle “Facareddhe” si dà fuoco a catasti enormi di ramaglie d’ulivo. Al primo riverbero delle fiamme viene lanciato il segnale al suono del saraceno tamburello per l’apertura delle procaci danze, cadenzate dal ritmo della “pizzica” e accompagnati da salaci commenti e da frizzanti lazzi soprattutto verso le giovani coppie.Maschera tipica del Carnevale di Gallipoli è “lu Tidoru” (ossia Teodoro). La tradizione narra che Teodoro, giovane soldato gallipolino, fosse stato trattenuto lontano da casa durante il periodo carnevalesco. Il dolore della madre e le sue preghiere al buon Dio di prorogare per ancora due giorni il periodo carnevalesco, affinché anche il figlio potesse godere dell’abbondanza di cibo e di carne tipica di quel periodo furono accolte e Teodoro riuscì a ritornare prima della chiusura del carnevale. Appena giunto a Gallipoli si tuffò nelle danze e soprattutto nelle grosse abbuffate, ma tanto fu lo sfrenamento del giovane soldato e tante furono le salsicce che mangiò che ne restò strozzato. Con Teodoro moriva dunque il Carnevale e simbolicamente tutti i piaceri terreni. Ogni anno la leggenda viene rievocata portando in giro per la città disteso morto un pupo di paglia, che rappresenta appunto Teodoro morto. Urla di dolore accompagnano il morto, in un percorso di riavvicinamento da tali sfrenatezza alla consapevolezza della labilità della vita e di richiesta di perdono divino. Da qui, infatti, comincia il periodo quaresimale di penitenza e di digiuno.Con il Carnevale del 1954 l’”Associazione Turistica pro Gallipoli” decise di dare una svolta al Carnevale, organizzando una grande sfilata di carri allegorici di cartapesta, convinta di dover incanalare nella prospettiva turistica le potenzialità espressive di tanti artisti che da sempre avevano avuto dimestichezza con la cartapesta. L’inizio non fu molto entusiasmante, ma il popolo gallipolino non demorse. L’anno successivo l’esperienza fu ripetuta e così fino ad oggi. Il Carnevale di Gallipoli in pochi anni ebbe un’importante svolta attirando per ogni edizioni migliaia e migliaia di turisti, diventando dunque per il posto un’importante ritorno turistico ed economico.